JINEOLOJÎ: LA RIVOLTA DELLA COLONIA PIÙ ANTICA: INTERVISTA A ALESSIA MANZI.

di Jessica Perra

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Un ambito della geografia coloniale trascurato è quello sociale, e in particolar modo, quella concerne i rapporti fra genere e razza al contempo.

Quando pensiamo di femminismo, quello che ci sovviene immediatamente è un femminismo bianco. Le rivendicazioni femministe dagli albori alla nostra contemporaneità assumono sovente una lente euro-centrica.

Pensiamo al movimento delle suffragette, al diritto all’aborto, all’empowerment liberale. Ma la storia della liberazione delle nostre sorelle nel mondo, quale è?

Ce ne parla Alessia Manzi, 1989. Independent Journalist. Che si occupa di migrazioni, diritti umani e zone di conflitto e post-conflitto.

A maggio 2022 è stata in Rojava, nei territori dell’Amministrazione Autonoma del Nord e dell’Est della Syria, come co-autrice insieme a Giacomo Sini, fotogiornalista e giornalista livornese, per realizzare un reportage su Jinwar, l’eco-villaggio dove donne e bambini conducono una vita libera dal patriarcato. 

Cosa è Jineolojî, in quali pratiche consiste la vita libera e liberata delle donne?

La parola Jineoloji, in Kurmanji, nasce da “jin” (donna) e “loji” (scienza): scienza delle donne.
La Jineoloji viene teorizzata per la prima volta da un uomo, Abdullah Ocalan, leader del PKK (Partito Curdo dei Lavoratori), che bene la descrive in “Liberare la vita. La rivoluzione delle donne” (2008). Questa filosofia esplode nella sua concretezza a partire dal 2012, con il Movimento di Liberazione delle donne curde e si diffonde in tutto il mondo. 

La Jineoloji affonda le sue basi in una lotta politica in chiave anti- statalista e anti- gerarchica, democratica e fondata sull’eguaglianza di genere. Per costruire un movimento di liberazione delle donne, non basta solo evidenziare la liberazione delle donne dall’uomo dominante, ma occorre spiegare che la realtà delle donne è anche politica, economica e sociale. Con la Jineoloji filosofia, ecologia, storia e tanti altri aspetti della società vengono elaborati da un punto di vista femminile; lontano dalla visione maschile a cui purtroppo siamo abituati 

Fra le pratiche legate alla Jineoloji troviamo l’autodifesa, le Accademie, i comitati delle donne, le cooperative di donne, l’organizzazione di gruppi autonomi di donne e le Mala JÎne (Casa delle donne) che trovano soluzioni alternative ai problemi da cui la società viene afflitta.

Jinwar: cosa sono, come si vive, e cosa rappresentano?

Jinwar (dal Kurmanji “Jin”, donna e “War”, terra; terra delle donne) è un eco- villaggio femminista in cui donne e bambini conducono una vita libera dal patriarcato. La prima pietra di Jinwar viene poggiata l’8 marzo del 2017 da un gruppo di donne che, insieme agli abitanti del villaggio vicino, con il tempo costruiscono il villaggio che spalanca le sue porte il 25 novembre dell’anno successivo.
Jinwar non è un rifugio per le donne, ma uno spazio in cui le donne conducono la propria vita sui principi dell’autodeterminazione, della democrazia diretta, dell’autorganizzazione e dell’ecologia.
C’è una scuola frequentata dai bambini e dalle bambine del villaggio; un laboratorio di medicina naturale; l’Accademia di Jineloji; un laboratorio teatrale; una sartoria; orti; una cooperativa agricola; un negozio e un forno a legna.

Decolonialismo e Jineolojî: quale rapporto? Abdullah Öcalan parlava delle donne come “la colonia più antica”. 
Öcalan parla di donne come “colonia più antica” affermando che queste hanno perso la propria libertà nel momento in cui gli uomini hanno cominciato a conoscere la proprietà privata ed a relegarle in casa. Una decolonizzazione delle donne, o meglio una loro liberazione, secondo Ocalan può avvenire su tre livelli: economica, militare ed ideologica.

 Infine, che significato dare allo slogan “Jin Jiyan Azadî”, anche alla luce dei recenti avvenimenti in Iran e nel Rojhilat ? Che insegnamenti possiamo trarre dall’esperimento curdo e Jineolojî?

Occorre evidenziare che lo slogan “Jin, Jyan,Azadî” non nasce con le proteste scoppiate all’indomani dell’assasinio di Jina Amini. “Jin, Jyan, Azadî” (donna, vita, libertà) è lo slogan nato nel 2012 insieme al movimento di liberazione delle donne curde, e che poi ha riecheggiato in tutto il resto del mondo. E’ uno slogan che in sé racchiude l’essenza della lotta delle donne curde e delle donne di tutto il mondo; insieme alleate per un mondo libero dal patriarcato.
Da Jineolojî, dalla resistenza femminile curda e da Jinwar possiamo solo trarre buoni insegnamenti; come la consapevolezza che attraverso alcune pratiche e la sorellanza si può costruire un mondo eguale, solidale e libero dal patriarcato.

Jessica Perra

Jessica Perra

sarda in continente. È studentessa di Lettere e Filosofia presso L'università degli Studi di Udine con una tesi sugli sviluppi filosofico-politici del confederalismo democratico e Jineolojî. Dal 2020 ha svolto attività giornalistica occupandosi soprattutto di associazionismo locale, lotta studentesche e dei lavoratori.