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Su logu meu est sa Sardigna: una prospettiva sardo-centrica di una straniera su “Filosofia de Logu”.

di Izabela Wagner

– tempo di lettura: 20 minuti –

Izabela Wagner è Professoressa Associata all’Istituto di Sociologia del Collegium Civitas di Varsavia, specializzata nella sociologia delle professioni, nello studio della mobilità internazionale e dei problemi posti dalla modernizzazione, e nello studio delle carriere, che sviluppa attraverso un metodo etnografico e biografico. È stata allieva di Jean-Michel Chapoulie. Seguendo questo percorso di ricerca, ha pubblicato nel 2020 Bauman. A Biography (Polity Press), un’opera che ha avuto un impatto internazionale. Fra le altre sue opere, Producing Excellence: The Making of Virtuosos (Rutgers Press, 2015) e Becoming Transnational Professional. Careers and Mobility of Polish Scientific Elites (in polacco, Wydawnictwo Naukowe Scholar, 2011).

Molte grazie per avermi invitato, si tratta di un onore per me.

Questa è la prima volta che parlo in italiano a un seminario, quindi vi chiedo un po’ di pazienza. A causa del mio povero italiano, devo leggere, il che è molto scomodo per me – l’ultima volta che l’ho fatto è stato nel 2003 (primo discorso in inglese che allora non conoscevo bene).

Mentre scrivevo questo discorso, gli ho dato come titolo:Logu meu – Sa Sardigna:  una prospettiva invertita o una reazione sardo-centrica di una straniera a Filosofia de Logu.”

Prima di iniziare la discussione sul vostro libro, vorrei parlare di tre importanti elementi che hanno influenzato la sua lettura: il mio rapporto con la Sardegna, e la mia specializzazione professionale e il mio lavoro didattico. Sarà quindi un approccio personale e professionale – soggettivo però oggettivamente, anche se  una cosa del genere è impossibile, non esiste. Comincio con la parte personale e affettiva, che è il mio rapporto con la Sardegna. Ciò non è dovuto a un temperamento estroverso, ma è scientificamente giustificato. In linea con la tradizione femminista, ma anche per me, prima di tutto – etnografica, e anche tornando alla riflessione di Ludwik Fleck, ovvero la tradizione della sociologia della scienza – al centro della scoperta scientifica c’è la ripetuta esperienza biografica dello scienziato. Già nel 1935, a Lviv, Leopoli – (nell’odierna Ucraina occidentale), Ludwik Fleck pubblicò suo lavoro rivoluzionario “Stili di pensiero e fatti “[1], in cui scriveva che la scoperta è il risultato di ciò che il ricercatore osserva e di come guarda. Quindi consentitemi di parlare per un momento delle mie esperienze con la Sardegna.

La prima volta che ho incontrato la Sardegna – avevo 20 anni ed era estate in … Polonia. Era (credo) il 1985 e per la prima volta – dopo una pausa durante la Legge Marziale – venne nuovamente organizzato il festival internazionale dei gruppi folk a Zielona Góra. Per favore immaginate – noi – il pubblico polacco – in grave reclusione (era vietato viaggiare all’estero) e traumatizzati dopo la legge marziale, vediamo la gioia di vivere di altre culture come attraverso una finestra sul mondo. Vengono ballerini di diversi paesi di tutte le età e ballano magnificamente. I sardi erano i più affascinanti a causa della vitalità con cui ballavano e dallo spirito di comunità. Forse perché altri balli non erano così “democratici” – ex solisti e virtuosismi – qui il virtuosismo era condiviso, non solista. Ballu sardu – il ricordo di questo indimenticabile concerto mi accompagna fino ad oggi! I ballerini erano fantastici! (Penso che abbiano vinto un premio) E dopo di allora ho letto la storia della Sardegna …

Pochi anni dopo ho sviluppato l’impressione artistica del mio fascino per Gramsci – e non per l’egemonia ma per un’altra idea che mi è più vicina – cioè l’intellettuale organico e l’apprezzamento per la conoscenza non accademica. In qualità di etnografa e interazionista, ho potuto confermare molte volte questo approccio. Quindi la Sardegna prima era danza e musica per me, poi sociologia. È diventato un luogo di riposo, cioè una tipica destinazione turistica, molti anni dopo.

 La prima volta che siamo stati in vacanza in famiglia nel 2006 in Sardegna (a Isola Rossa dove siamo arrivati ​​in auto dopo aver viaggiato attraverso la Scozia e tutta la Francia) abbiamo attraccato a Porto Torres e abbiamo trascorso 2 settimane di una tipica vacanza di visite turistiche, nuoto e banchetti culinari.

Abbiamo aspettato molto tempo per questa vacanza – per molti anni di vita in Francia (nella regione di Parigi) non potevamo permetterci la Sardegna e abbiamo sentito storie incredibili su quest’isola da amici. Bellissime storie di turisti innamorati della natura sono state completate da Jean-Michel Chapoulie – allora il mio relatore di tesi – innamorato della Sardegna – e da molti intellettuali francesi la cui giovinezza era negli anni ’60 e ’70 e poi hanno visitato l’incantevole isola, deliziati dalla sua particolarità e dalla mancanza di ciò che c’era già in Francia sulla Costa Azzurra. Trovarono qui uno spirito di sinistra che invano si trovava nelle località francesi. Hanno raccontato la storia dei movimenti dei lavoratori, ammirato il potere della cultura pastorale, percependo in questi impegni sociali una sorta di libertà espressa in opposizione all’egemonia del capitalismo. In ogni caso, era un luogo simbolico per coloro che hanno letto la storia dell’isola da murales rivoluzionari.

Quindi per me e rapidamente per la mia famiglia, la Sardegna era un posto importante sulla nostra mappa mentale – era un LOGU da sogno speciale per noi – ma non disponibile da molti anni. Per molti anni ci siamo accontentati di Erzac, un prodotto sostitutivo per noi, che era la costa francese del Mar Mediterraneo e la Toscana, verso cui ci recavamo regolarmente con una tenda. Abbiamo dovuto aspettare la Sardegna fino al 2006 (quasi 19 anni).

Fin dal primo momento ci ha affascinato e persino incantato. Era una specie di colpo di fulmine. Amore a prima vista. C’era (c’è ancora) qualcosa di così bello nei paesaggi e nella natura che nei pochi posti che abbiamo potuto visitare abbiamo provato una tale sensazione – disorientati dai colori, dalle forme, dagli odori – della natura. Sapevamo già che saremmo tornati per un’altra vacanza; già nel 2006 stavo consultando i siti delle agenzie immobiliari. Naturalmente, i prezzi nelle località turistiche non erano convenienti e abbiamo sognato una vecchia casa nel mezzo dell’isola. Affascinati dalla musica e dai balli sardi, abbiamo deciso di acquistare un pied-à-terre e preparare una bella pensione. Questo era il piano. Siamo venuti per le successive vacanze, anno dopo anno e, fra una vacanza e l’altra, abbiamo raccontato ai nostri amici della Sardegna (per questo molti loro sono venuti e venuti in continuazione). Vorrei aggiungere che ho sentito tante volte che dovrei lavorare nell’Ufficio del Turismo della Sardegna e sicuramente guadagnerei di più che lavorare all’università. Forse è vero …

Ero così affascinata dalla Sardegna che non volevo aspettare fino alla mia età di pensionamento e, dopo diversi anni di trattative con la mia famiglia, è diventato ovvio che stavamo rompendo con la nostra vita precedente e rischiando un trasloco. Dal 2016 viviamo in un piccolo paese situato a nord di Cagliari – quindi non in riva al mare – in una bellissima parte dell’isola chiamata Marmilla – e purtroppo a causa della colonizzazione chiamata Toscana di Sardegna. Pensiamo che la Marmilla sia diversa e non abbia bisogno di un confronto – molto infruttuoso: noi abbiamo i nuraghi! Per noi la Sardegna è il centro di riferimento!

Quando lavoravo all’Università di Cagliari per diversi mesi, prima di acquistare la casa, ero molto entusiasta del progetto che era stato appena costruito sulla base della percezione invertita e qui posso citare Omar Onnis, che, a pagina 42, fa riferimento a Braudel – che a sua volta cita il console francese, proclamando intorno al 1816 che trova la Sardegna (qui la versione passiva del termine) – o meglio che è (attivo) “al centro della civiltà europea” (Braudel 1982, vol. II, cap. III citato da Onnis, 2021: 42)[2].

Per me la Sardegna è da molti anni il centro della civiltà europea. Ecco perché ho scritto un approccio sardo-centrico nel titolo.

Posso anche dire di essere estranea alla percezione dei sardi come è comune tra gli abitanti del Continente (parlo di italiani qui) o dagli stessi sardi. Questa percezione negativa di sé è contaminata in modo schiacciante dalla dominazione coloniale. Questo approccio mi sorprende e a volte mi fa persino arrabbiare (quando l’anno scorso lavoravo alla Sapienza, a Roma, gli studenti, scoprendo dove ho la mia casa, sono rimasti sorpresi nel chiedermi – “perché non Roma, Toscana – perché hai scelto la Sardegna? hai vissuto in Sicilia, potremmo ancora capire là”).

Ciò che è ovvio per gli altri – non lo è per me. Ho una prospettiva completamente opposta.

Quindi questa prospettiva invertita – risultante dalla mia biografia – rende diversa la mia lettura del vostro tanto necessario e ottimo libro.

Il secondo punto importante che devo menzionare perché ha avuto un ruolo nella mia comprensione del vostro lavoro è che non sono uno storico o uno specialista della cultura sarda. Ecco perché nel titolo di questo discorso mi sono definito “la straniera”. Ciò è dovuto al fatto che nonostante viva qui da cinque anni, so ancora poco (tutto il giorno lavoro in un mondo virtuale che non è né sardo né italiano – ecco perché parlo così male l’italiano, e il sardo – niente). Vengo da qui – dal centro dell’isola – ma allo stesso tempo sono culturalmente aliena – il che è notevolmente peggiorato durante la pandemia.

 Quindi percepisco gli ultimi anni della mia vita in Sardegna più come un’esperienza corporea e spirituale (che è già analizzata negli studi femministi o in sociologia delle emozioni) che intellettuale.

Il terzo elemento importante che influenza la lettura e la percezione del vostro importante libro è il fatto che molto spazio nel mio lavoro didattico (e anche nella mia riflessione scientifica) è occupato dagli studi postcoloniali. Insegno a persone provenienti da ex-colonie. Per loro, il post-colonialismo o la subordinazione e tutti i processi analizzati in questo libro non sono temi teorici ma legati alla loro esperienza quotidiana. Anche per me il post-colonialismo è presente nella mia vita quotidiana.

Per una lettura completa dell’intervento, e in particolare per la parte contenente un’analisi critica di Filosofia de logu, è possibile scaricare il testo completo cliccando sul segente URL:

https://www.filosofiadelogu.eu/wp-content/uploads/2021/07/Filosofia-de-Logu-Wagner-corrected-AM-with-biblio.pdf


[1] Ludwik Fleck, Stili di pensiero. La conoscenza scientifica come creazione sociale, a cura di F. Coniglione, Milano-Udine, Mimesis, 2019

[2] Omar Onnis, “L’altrove che è in noi. La storiografia sarda e il “come se””, in  Filosofia de logu. Decolonizzare il pensiero e la ricerca in Sardegna a cura di Sebastiano Ghisu e Alessandro Mongili,  Meltemi: Milano, 2021.

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